C’era una volta il maestro (parte seconda) | |
di Sergio Bianchini | 7/12/2012 |
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![]() Contraddizioni nella crescita del ruolo della scuola. La scuola media unica del 1963 nasceva con grandi contraddizioni. Improvvisamente due fiumi da sempre distinti confluivano. Il grande fiume dei futuri lavoratori del braccio(ancora grande maggioranza) confluiva nelle stesse classi col fiumicello dei giovani destinati o intenzionati a proseguire gli studi e raggiungere mansioni e lavori più qualificati. Inevitabilmente gli standards di apprendimento si abbassavano rispetto alla vecchia media ginnasiale e nelle prime classi di liceo o di istituto tecnico cominciarono ad arrivare alunni molto meno preparati di prima. Nella media unica la diatriba tra valutazione selettiva(con massicce bocciature) propedeutica alle superiori e logica promozionale è durata 30 anni. Ma ovviamente i sostenitori della bocciatura anche di massa per chi non raggiungeva i livelli del passato erano destinati alla sconfitta. Regionalizzazione del personale e delle strutture organizzative della scuola. Le necessità della modernizzazione scolastica oggi in Italia impongono che l’insegnamento diventi una professione vera, diretta e gestita in modo da fare della scuola un ambiente sereno ma non piatto, dinamico ma non parossistico,intellettualmente e organizzativamente vivace e flessibile in cui i giovani e gli insegnanti vanno volentieri, si sentono a casa propria e collaborano con facilità. Curricolo drasticamente più leggero per gli alunni , scuola legata al territorio e tempo pieno si ma per i docenti. La riduzione del curricolo degli alunni ad un orario settimanale obbligatorio di circa 20 ore- ripartite tra stato, regione e istituto- consentirebbe un risparmio drastico sulla spesa ordinaria ed invertirebbe la deleteria e impotente tendenza a risolvere i blocchi dell’apprendimento con l’aumento quantitativo del curricolo: come se aumentando il getto di un rubinetto in un lavandino intasato si potesse migliorare il deflusso. Questa tendenza oltre che costosissima si sta rivelando controproducente e dannosa perfino per la salute mentale degli allievi inseriti in un ambiente caotico,depresso e pervaso dall’ansia di prestazione. Le 20 ore settimanali obbligatorie- svolte in una scuola aperta tutto il giorno, collegata al territorio, fornitrice di tutto il supporto aggiuntivo necessario alle diverse tipologie di studenti,avanzati e arretrati- sono in linea con il curricolo europeo e sufficienti a svolgere i programmi essenziali meglio di quanto non avvenga nella scuola attuale dove i programmi nazionali sono la finzione di Pulcinella. Orario di servizio dei docenti da adeguare alle aumentate necessità e difficoltà Immaginiamo di aumentare(nel corso della regionalizzazione) l’orario dei docenti statali ad almeno 32 ore settimanali,poniamo(ipotesi negoziabile) 22 di docenza +10 di non docenza nei periodi di lezione, e 32 di non docenza in assenza delle lezioni. Le 22 ore sono l’orario cattedra del maestro statale attuale. Nelle scuole regionali o private attuali l’orario di servizio contrattuale è di 36(20+16) ore settimanali. Un orario così dilatato impedirebbe la funzione docente “mordi e fuggi” ed imporrebbe la presenza pomeridiana come avviene per ogni altra professione. Una funzione docente differenziata La cosa non dovrebbe avvenire di colpo e per tutti, potrebbe essere graduale sulla base della creazione,accanto alle altre, di una nuova figura con uno specifico regime contrattuale:quella del docente a tempo lungo, pagato poniamo(pensando alla Lombardia ) 700 euro mensili netti in più, e scelto preferibilmente come coordinatore di classe. Pian piano si creerebbe nella scuola una differenziazione sana tra docenti a tempo lungo, a tempo corto e a tempo parziale(che va fortemente sostenuto per varie ragioni), fonte di stabilità e flessibilità, compatibile con la situazione reale attuale e non subordinata ad esigenze non scolastiche. Addio al docente in apnea o seminatore distaccato e all’insegnante missionario romantico. Ci sono vari miti che ci hanno paralizzano e di cui siamo riusciti a liberarci. Abbandoniamo le illusioni sul docente guida di “classi-comunità alternative al mondo ingiusto” che hanno prodotto in realtà il caos gestito dal personale “migrante”. Abbandoniamo anche le nostalgie per i miracoli veri o presunti dell’antica dignità del docente seminatore solenne e distaccato che ignora la destinazione e l’effettiva presa dei propri semi sapienziali. Conclusione Tutto il passato va ricordato con rispetto ma senza nostalgie prive di sbocchi, ricercando la soluzione che ci serve oggi. La visione del disastro della scuola di stato ci ha permesso di liberarci dai falsi miti e di ritrovare la fiducia in noi stessi e quindi la volontà di creare una scuola regionale e federale. Preside Sergio Bianchini |
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